Cartella esattoriale: ecco quando si può impugnare

Non a tutti è chiaro quando si può impugnare una cartella esattoriale. Spesso, si cade in equivoco e si ritiene di poter rimettere in gioco contro la cartella le stesse contestazioni che andavano invece sollevate contro l’originario atto di accertamento. Così non è: diversamente, non avrebbe senso imporre termini perentori per il ricorso. Ed allora: quando si può impugnare la cartella esattoriale? Come ricorda laleggepertutti.it, Si può impugnare solo per “vizi propri” ossia per questioni attinenti alla cartella stessa o comunque sopraggiunge dopo la notifica del precedente atto.

Cos’è e come funziona la cartella esattoriale?

Prima di spiegare quando si può impugnare la cartella esattoriale, sarà bene spendere alcune parole sul funzionamento di questo particolare atto, previsto solo per i crediti di natura pubblica.

Lo Stato, le pubbliche amministrazioni e gli enti locali (Comuni, Province e Regioni), una volta accertato un credito nei confronti del cittadino (per tasse o sanzioni) e constatato l’inadempimento di questi, delegano la riscossione di tali importi all’Agente per la riscossione esattoriale. Quest’ultimo è, per i crediti erariali, Agenzia Entrate Riscossione e, per le imposte locali, la società privata di riscossione con cui l’ente stesso ha firmato una convenzione.

Tale delega avviene tramite la trasmissione del cosiddetto “ruolo”, un documento in cui l’ente creditore (ad esempio, l’Agenzia delle Entrate, l’Inps, il Comune, ecc.) certifica e quantifica il proprio credito, indicandone la causale.

Prima della trasmissione del ruolo all’Esattore, però, l’ente creditore invia al cittadino un atto di accertamento in cui lo invita a pagare bonariamente le somme non corrisposte nei termini. È il cosiddetto «avviso di accertamento» che, per le sanzioni derivanti dalle violazioni del Codice della strada, è la comune multa stradale.

La cartella esattoriale può essere emessa per i crediti più disparati, purché di natura pubblica: ad esempio, per il mancato pagamento delle imposte, per le sanzioni amministrative (come le multe stradali, l’emissione di assegni a vuoto, ecc.), le sanzioni penali e le sanzioni tributarie (quelle derivanti dall’omesso o inesatto versamento delle imposte).

Dopo la notifica della cartella, decorsi 60 giorni, l’Esattore può attuare le procedure di riscossione concessegli dalla legge, procedure che possono consistere nel pignoramento dei beni del debitore oppure in provvedimenti cautelari volti ad evitare la dispersione di tali beni (fermo amministrativo e ipoteca).

La riscossione esattoriale dunque passa attraverso queste tre fasi:

– avviso di accertamento notificato al contribuente;

– iscrizione a ruolo del credito;

– trasmissione del ruolo all’Esattore;

– notifica della cartella esattoriale.

In alcuni casi, l’Esattore non è tenuto a notificare la cartella: ciò avviene quando l’ente titolare del credito emette un avviso di pagamento immediatamente esecutivo (avviene molto spesso con l’Agenzia delle Entrate e l’Inps).

Quando si può impugnare l’avviso di accertamento

Contro l’avviso di accertamento è concessa la possibilità di presentare ricorso per far valere i propri diritti.

Se si tratta di un accertamento in materia tributaria (imposte e tributi), il termine per ricorrere è di 60 giorni presso la Commissione Tributaria; si pensi a un accertamento della Regione per l’omesso versamento del bollo auto o dell’Agenzia delle Entrate per il mancato pagamento Iva.

Se si tratta di una sanzione amministrativa o una multa stradale, il termine per ricorrere è di 30 giorni presso il giudice di pace.

Se si tratta di un accertamento Inps o Inail, il termine è sempre di 30 giorni ma bisogna rivolgersi al tribunale ordinario, sezione Lavoro.

L’avviso di accertamento può essere impugnato sia per ragioni inerenti al merito, ossia alla legittimità della pretesa (si pensi a un debito caduto in prescrizione), che al rispetto della procedura prevista dalla legge (si pensi a un accertamento fiscale effettuato sulla base di un accesso illegittimo della Finanza).

Una volta scaduti tali termini, l’avviso di accertamento diventa definitivo e non c’è più modo di contestarlo a meno che – come vedremo a breve – il contribuente non deduca di non aver mai ricevuto tale atto.

Quando si può impugnare la cartella esattoriale

Divenuto definitivo e non più impugnabile l’accertamento fiscale, la cartella esattoriale non può essere più contestata per motivi che, invece, andavano sollevati contro l’accertamento stesso.

Ad esempio, se un contribuente dovesse ricevere una cartella per un bollo auto maturato dopo la vendita del veicolo – e quindi non di sua competenza – non potrebbe più opporsi contro di essa; doveva invece agire contro il precedente avviso di accertamento nei relativi termini di legge.

Si può impugnare la cartella esattoriale solo per vizi propri ossia:

– vizi sopraggiunti dopo la notifica dell’accertamento fiscale;

– vizi relativi all’omessa notifica dell’accertamento fiscale;

– vizi inerenti alla cartella stessa.

Cerchiamo di analizzare queste tre ipotesi.

Vizi sopraggiunti dopo la notifica dell’accertamento fiscale

Si può impugnare la cartella se la stessa è stata notificata fuori termine, ossia quando ormai è sopraggiunta la prescrizione del diritto di credito.

Ricordiamo che la prescrizione è di:

– 10 anni per tutte le imposte dovute allo Stato;

– 5 anni per le imposte dovute agli enti locali, per le sanzioni amministrative, le multe stradali e i contributi Inps e Inail;

– 3 anni per il bollo auto.

La stessa cartella è illegittima se è sopraggiunta la decadenza, che si verifica se la cartella viene notificata dopo 2 anni dalla comunicazione del ruolo all’Agente per la Riscossione.

La cartella è poi nulla se il contribuente ha, nel frattempo, pagato o fatto ricorso e vinto il giudizio oppure ha ottenuto una sospensione dell’atto dall’ente creditore o dal giudice.

In tutti questi casi, dunque, è possibile impugnare la cartella trattandosi di “vizi propri”.

Vizi relativi all’omessa notifica dell’accertamento fiscale

Un altro ricorrente vizio proprio della cartella che ne giustifica l’impugnazione è quando questa è il primo atto che riceve il contribuente. Ciò avviene quando il precedente avviso di accertamento non è stato notificato o è stato notificato non correttamente o a un indirizzo sbagliato. Non potendo il contribuente dunque opporsi a questo, potrà opporsi alla cartella e, in tal caso, basterà eccepire l’omesso ricevimento dell’avviso di pagamento per far annullare anche la cartella.

Attenzione: non è possibile opporsi all’avviso di accertamento contestando un difetto di notifica; questo perché il ricorso costituirebbe ammissione di ricevimento dell’atto. Pertanto, avendo la notifica raggiunto il proprio scopo (pervenire nelle mani del contribuente per consentirgli di difendersi), il vizio viene automaticamente sanato.

Vizi inerenti alla cartella stessa

La cartella deve avere un contenuto minimo per consentire al contribuente di controllare la pretesa e difendersi. Tipici vizi propri della cartella che consentono di fare ricorso sono:

– l’omessa indicazione del responsabile del procedimento;

– la mancata quantificazione degli interessi dovuti per ciascun anno;

– l’omessa motivazione della cartella che deve sempre indicare le ragioni del credito fatto valere;

– la notifica a soggetto diverso dal debitore (ad esempio, all’erede che ha rinunciato all’eredità).

 

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